UNO SPORT CHE MUOVE LE PERSONE E LE IDEE

E’ possibile riflettere, confrontarsi e dialogare insieme sul ruolo dello sport, sulla sua imprescindibile valenza educativa e sociale?
E’ possibile vivere e promuovere una cultura sportiva che diventi occasione di fraternità, di incontro con l’altro?
E’ possibile crescere come sportivi crescendo anche come cittadini?

Queste le domande a cui hanno voluto rispondere i partecipanti al congresso internazionale di Sportmeet svoltosi a Castel Gandolfo dal 8 al 10 aprile, attraverso proposte culturali, workshop con esperti, testimonianze, realizzazioni, progetti, giochi.
Il tutto, per contribuire insieme ad una nuova cultura dello sport.
In attesa dei testi principali del congresso che saranno pubblicati in questo sito nelle prossime settimane, ecco un breve cronaca dell’evento.
Le foto del congresso sono disponibili cliccando su: https://www.flickr.com/photos/fotomas2008/sets/72157626377431565/

Sport in… movimento Paolo Crepaz, medico dello sport, docente di pedagogia dello sport e presidente di Sportmeet, all’inizio del Congresso ha lanciato una sfida: “Quando per il congresso abbiamo scelto il titolo “Lo sport muove le persone e muove le idee” avevamo in mente di confrontarci insieme sul ruolo dello sport nel suo saper muovere: “muovere” nel senso di far alzare dalla sedia, di far uscire all’aria aperta, dell’aiutare a superare la sedentarietà e scoprire la bellezza dell’attività fisica, ma anche “muovere” nel senso di risvegliare le idee, mettere in moto la creatività, attivare la partecipazione ed il senso di responsabilità.”

Così, i tre giorni del convegno hanno offerto ai partecipanti (250 in rappresentanza di 21 nazioni) importanti momenti di approfondimento e confronto.
Varie le figure sportive rappresentate:  insegnanti di educazione fisica, allenatori, dirigenti di società, medici e psicologi, giornalisti, atleti di ogni livello…
Semplici appassionati, che magari praticano sport solo per puro divertimento, ma anche grandi campioni.
Tutti attirati da una visione dello sport che non è quella spesso decantata dai media, dove sembra contare solo il successo, dove il gioco sembra passare in secondo piano rispetto al risultato che va raggiunto ad ogni costo, ma quella di uno sport positivo, dove l’esperienza motoria diventa reale occasione di crescita personale e incontro con l’altro.

Educazione alla pace attraverso lo sport. Tanti progetti concreti, sostenuti od ispirati direttamente da Sportmeet, sono già una viva realtà in tante parti del mondo.
Tra questi, Sports4Peace, che come ha spiegato Alois Hechenberger, docente austriaco di pedagogia del gioco e dell’animazione “invita a sperimentare in un gioco o in una competizione sportiva uno dei sei motti presenti su una faccia di un dado gonfiabile che si getta insieme.
Le regole sono espressioni di quella che viene considerata “la regola d’oro”, presente in diverse espressioni in tutte le religioni e le culture, anche non religiose, che è “fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”. Le regole sottolineano l’atteggiamento interiore di ogni partecipante invitandolo nel contempo a dare il meglio di sé e a trattare con rispetto l’altro, sia esso un avversario o un compagno di squadra.”
Oggi, il dado di Sports4Peace è presente sul tavolo di società sportive, ma anche di dirigenti d’azienda e di amministratori locali che lo usano nelle riunioni di lavoro, ma è anche strumento di quel percorso educativo promosso da Sportmeet in diversi paesi in via di sviluppo.
In Libano, ad esempio, dove ispirati dal dado giocano insieme ragazzi cristiani e mussulmani, o in Sudan, dove insegnanti cattolici e mussulmani si sono formati insieme al progetto e lo promuovono nelle scuole, o ancora nel Burundi, dove rifacendosi agli “insegnamenti” proposti dal dado giocano ragazzi di etnie diverse in guerra tra loro.

Uno sport “controcorrente” Il congresso si è snodato attraverso proposte culturali, presentazione di progetti ed il contributo di sportivi, anche di grande valore, come Gianni Rivera, da qualche mese Presidente del Settore Giovanile e Scolastico della Federazione Italiana Giuoco Calcio, secondo il quale “bisogna insegnare ai ragazzi che ci sono delle regole, che i soldi non sono tutto, che nella vita conta il rispetto, la correttezza, che prima di essere sportivi occorre diventare cittadini.”

Molto coinvolgente e costruttivo è stato in particolare il confronto tra i partecipanti avvenuto in diversi workshop guidati da esperti su vari temi legati al mondo dello sport: sport vissuto come gioco, come mezzo di integrazione per i disabili, come speranza per l’adolescenza, come strumento di educazione ad un agonismo positivo, come possibilità di sviluppo per la città anche attraverso l’organizzazione di eventi, come fonte di salute e benessere.
Uno sport che torni quindi alla sua vera essenza ludica, slegato dagli interessi economici di cui a volte è schiavo, come dimostra la viva testimonianza di chi sogna e già realizza concretamente nel suo ambiente uno sport davvero “controcorrente”.
Come Marco Calamai, giocatore e poi allenatore professionista di basket, che 16 anni fa ha lasciato la panchina di pallacanestro di “alta prestazione” per dedicarsi ad insegnare lo sport che ama alle persone con disabilità mentale.
Come Carlo Bulleri, dirigente di una società sportiva pisana che propone ai propri tesserati, allenatori e atleti, “di vedere negli arbitri e negli avversari un dono senza il quale non potremmo giocare.”
O come Oreste Perri, atleta ed allenatore olimpico di canoa ed ora sindaco di Cremona, che cerca di trasferire l’idea di team work, sperimentata per anni nello sport, “alla mia squadra in Comune, dove chiedo di sentirsi certamente legati ai partiti di appartenenza, ma prima di tutto di lavorare insieme per portare a casa il risultato nell’interesse della gente.”

L’eredità del congresso Ognuno dei partecipanti è partito con in animo una maggior consapevolezza del fatto che ciascuno può fare la propria parte, piccola o grande che sia, per promuovere testimonianze positive di vita sportiva, contribuendo così a cambiare la società cambiando lo sport.
Perché, come ha sintetizzato Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari, “cambiare lo sport significa cambiare gli uomini, quelli che esercitano lo sport o quelli che comunque si interessano allo sport. E cambiare queste persone significa sicuramente cambiare la società, perché ogni persona attraverso il proprio comportamento diventa un potenziale artefice di cambiamento nella società in cui vive.
Certo non sarà lo sport da solo a farlo, ma sicuramente anche lo sport può giocare un ruolo importante in questa trasformazione da una società fatta di competitività, di arrivismo e di egoismi, ad una società fatta di relazioni, di rapporti che cercano di valorizzare il bene dove è e negli altri prima che in sé.”